Ecco alcuni libri di viaggio (che dovete leggere anche voi) grazie ai quali ho volato dalle immense distese americane all’Africa più vera fino all’Est sconosciuto
La lettura ha un potere straordinario: ci fa scoprire Paesi vicini e lontani, facendo letteralmente volare la nostra immaginazione in terre sconosciute. Così ho pensato di consigliarvi alcuni libri di viaggio che mi hanno travolto fra le pagine. Li ho scelti con cura per scoprire nuove terre, per appassionarmi alle avventure di chi le scrive, e per vedere attraverso i loro occhi quello che non conosco e che, proprio per questo, mi incuriosisce così tanto. Belle lettrici, pronte per viaggiare con me tra un libro e l’altro?
“Trans Europa Express” di Paolo Rumiz
È il primo libro di Rumiz che leggo, ma mi rifarò perché è stato un piacere fare la sua conoscenza. Con lui facciamo una traversata dalla Finlandia fino alla mia amata Istanbul. Un viaggio verticale sui mezzi pubblici che in 33 giorni e 6.000 chilometri tocca 10 Paesi. Dall’Estonia alla Russia, dalla Polonia all’Ucraina dentro e fuori dall’Ue. Rumiz adora il mondo slavo e il suo mix culturale, da bravo triestino. Qui il tempo è vissuto davvero, non viene rubato come in Occidente. E la lunga attesa di un treno non è un fastidio ma l’opportunità per fare nuovi incontri. Mi è piaciuto il suo modo di viaggiare leggero con lo zaino in spalla, fatto di taccuini e pochi programmi. E il piacere del contatto con la gente del posto, protagonista insieme ai paesaggi che descrive come quadri. In viaggio con lui c’è la sua compagna, Monika Bulaj, bravissima fotografa.
“America perduta” di Bill Bryson
“Il Michigan ha la forma di un guanto da forno e ti dà lo stesso eccitamento.” Ecco, questa frase secondo me racchiude lo spirito del libro. È un tripudio di ironia e autoironia, in cui l’autore esprime il rapporto di amore/odio con la sua terra. Nato in Iowa ma fuggito in Gran Bretagna, sulla Chevrolet prestata dalla madre inizia il viaggio ripercorrendo le tappe che faceva da bambino con la famiglia, per poi andare alla scoperta della sua sconosciuta nazione. Macina così 22.500 chilometri, attraversando 38 Stati e immense distanze, inconcepibili per noi europei. Ci porta attraverso infiniti campi di grano, distese aridissime, terre di ranch e fattorie, parchi nazionali, e soprattutto cittadine dai nomi assurdi con l’immancabile sfilza di fastfood, motel e centri commerciali. Ne esce un ritratto degli States davvero sarcastico, a volte anche troppo, ma molto divertente. Insomma, consigliato ma preparatevi a una lingua perennemente biforcuta.
“Sovietistan” di Erika Fatland
La Fatland racconta le cinque ex repubbliche sovietiche nell’Asia centrale, nate col crollo dell’Unione nel 1991. Così esploriamo storia e geografia di Turkmenistan, Kazakistan, Tagikistan, Kirghizistan e Uzbekistan. Divisi da confini che non considerano la realtà etnica fatta di clan e vita nomade, cercano ancora la propria identità. E scopriamo dittatori col culto della personalità, libri spediti nello spazio, l’odioso ratto della sposa, esperimenti nucleari vergognosi. Il tutto viaggiando fra città di marmo costruite coi soldi di gas e petrolio, e villaggi fermi al Medioevo. Se anche voi sapete poco di questi Paesi e ne siete incuriosite, è un’ottima lettura, il lavoro di ricerca è enorme. La pecca è che più che un libro di viaggio, è un saggio. Non aspettatevi emozioni raccontate col cuore in mano davanti a persone e paesaggi, la viaggiatrice appassionata non è pervenuta. (Vi interessano altri libri ambientati nella ex URSS? Leggete qui!)
“Ebano” di Ryszard Kapuscinski
Kapuscinski è l’esempio massimo del giornalista, quello che si sporca le mani, che vuole arrivare all’essenza autentica. Mentre tanti colleghi si gongolano bevendo cocktail nell’albergo internazionale, lui va nella bettola con la gente del posto. Non ci pensa neanche a “riassumere” il continente africano, “l’essenza dell’Africa sta nella sua sconfinata varietà”. Però dalla sua penna esce il ritratto di un popolo forgiato da una natura ostile e violenta. Un popolo per cui acqua e ombra sono la salvezza, e la solitudine è la morte. Qui gli incantesimi degli stregoni sono pura realtà. E mentre grondiamo insieme a lui nel feroce caldo tropicale, ci parla dello schiavismo, dell’avidità occidentale, degli odi tribali, dei bambini soldato e dei signori della guerra. Ma ci racconta anche un’Africa in cui oltre al deserto c’è un’incredibile vegetazione che esplode in una bellezza che noi, da questa parte del mondo, non ci immaginiamo neanche.
“Patagonia Express” di Luis Sepulveda
L’ho riletto per dare addio a Sepulveda, morto lo scorso anno. E niente, quando hai a che fare con un mostro sacro te ne accorgi. Non aspettatevi centinaia di pagine che passano in rassegna questa selvaggia regione. È un libro piccolo ma speciale, una serie di appunti a cui affida le sue sensazioni ora che, dopo un lungo esilio, è potuto tornare in Cile (ecco un altro libro su questo Paese che vi consiglio). Così parte verso “la fine del mondo”, in un viaggio che si era ripromesso di fare con Bruce Chatwin, ma il destino infausto ha voluto partisse da solo. E tutto diventa poesia. Ci parla delle vastità andine, di una terra in cui sembra “il gelido vento del Pacifico non conceda la minima importanza al dettaglio”. Parla di amici ritrovati e incontri inaspettati. Tanti frammenti, scritti col cuore, di questa landa nell’estremo Sud del mondo.
“Confine” di Kapka Kassabova
Dopo vent’anni, l’autrice torna in Bulgaria nei luoghi inaccessibili della sua infanzia. Parliamo di quella zona remota al confine con Grecia e Turchia, militarizzata durante la guerra fredda. E in tutto questo scopriamo terre di contrabbandieri, cacciatori di antichi tesori, fuggiaschi e profughi fra fiumi mitologici, campi di rose e antichi riti pagani. Con umorismo sottile, in bilico fra malinconia e amore per questa terra tormentata, racconta storie di confini vissuti dalla gente, non quelli segnati sulle cartine. Le guerre balcaniche hanno sradicato comunità, spostandole da un Paese all’altro dopo la spartizione dei territori. I confini imposti e resi invalicabili creano persone senza più radici. La sensazione è quella di una presenza continua di forze molto più grandi di noi che ci trattano come semplici pedine. Non è una lettura allegra ma è davvero interessante, soprattutto se siete appassionate di storia, e in particolare di quella balcanica.
“Le voci di Marrakech” di Elias Canetti
Questo libro è un piccolo puzzle di sensazioni che il premio Nobel raccoglie qua e là per Marrakech. L’impressione che mi ha dato è sia quella di un animo sensibile che si emoziona per i minimi dettagli, sia dell’osservatore distaccato. Del resto lo stesso Canetti afferma: “Quando si viaggia si prende tutto così come viene, lo sdegno rimane a casa. … I buoni viaggiatori sono senza cuore”. È una lettura veloce e piacevole con scorci di una Marrakech anni ’50, con le donne che vendono il pane in piazza Djema el Fna insieme a scrivani, ballerini, incantatori di serpenti, mangiatori di fuoco e cantastorie. Mi commuove leggere di questa enorme piazza, centro nevralgico della città. Avrei dovuto camminarci esattamente un anno fa, ma il volo è stato cancellato a causa del Covid. E le parole di Canetti per me hanno la malinconia dei sogni lasciati nel cassetto.
(Aggiornamento 2023: a Marrakech ci sono andata! Ecco l’articolo)
“Luna di miele intorno al mondo” di Dominique Lapierre
Scegliere il mondo come meta del viaggio di nozze: un sogno di tanti, la realtà per Dominique Lapierre. È l’autore de “La città della gioia”, il famoso romanzo tratto dalla sua esperienza in India che vi avevo consigliato in un altro articolo. In questo racconto di viaggio invece ci porta insieme alla sua dolce metà a zonzo per il pianeta, con pochi soldi e l’idea di mantenersi con lavoretti qua e là. Siamo negli anni ’50, e l’atmosfera è quella fresca e piacevole di un film in bianco e nero in cui tutto finisce bene. Partono da New York per poi andare in Messico e da lì raggiungere l’Asia. Viaggiano dalla Corea al Sud-Est fino all’Afghanistan. Mi ha colpito il Giappone, con squarci di povertà che non mi aspettavo. E non può mancare l’India, dove Lapierre percepisce per la prima volta quella ricchezza spirituale che lo avrebbe conquistato.
“Il viaggio di un cuoco” di Anthony Bourdain
Il giorno in cui si è suicidato ero disperata. In queste pagine c’è tutto quello che mi ha fatto innamorare dell’Anthony viaggiatore. Il libro nasce da un programma tv proposto da lui, in cui va alla ricerca del cibo eccelso in giro per il mondo. Ma non aspettatevi solo food. Profumi, colori, sensazioni, storia e racconti di vita: ha una sensibilità nel descrive tutto ciò che lo circonda, che sembra di stare lì con lui. Mi ha colpito tantissimo l’umiltà con cui approccia i Paesi che visita e le persone che incontra. Non ci propina nessuna banalità, ma filtra tutto con il suo sguardo acuto, ironico e politically Scorrect. E con il gusto del ragazzaccio che non ha perso il vizio per le esperienze estreme. Marocco, Giappone e Messico sono i miei capitoli preferiti, anche se Sonja che litiga con tutti a un mercato di San Pietroburgo è da ovazione.
“La polvere del mondo” di Nicolas Bouvier
Mi piace sottolineare frasi e periodi scritti bene, e questo libro l’avrei sottolineato in toto. In pratica è una poesia lunga 416 pagine. Bouvier ha la capacità di scegliere pochi dettagli a cui dà però una potenza emozionale incredibile. Non è una lettura serale, ogni pensiero è un piccolo tesoro di cui non si deve perdere una sillaba. Già nella seconda pagina c’é l’essenza del viaggio, quello che nasce dalla pancia, una necessità che ha la precedenza su tutto. E che invidia: lui e il suo compare viaggiano su una Topolino negli anni ’50, quando la globalizzazione era un incubo sconosciuto. Il tutto buttandosi in ogni esperienza con quell’adorabile incoscienza che azzera i rimpianti. Dalla Svizzera arrivano in un Afghanistan da sogno, dove l’Urss era ancora un buon vicino di casa e l’estremismo inesistente. Aspettatevi personaggi memorabili, sporcizia surreale, accoglienza commovente, e paesaggi incredibili o da cui fuggire.
“Autostop con Buddha” di Will Ferguson
Il trentenne canadese Will Ferguson, che vive in Giappone facendo l’insegnante di conversazione inglese, viaggia in autostop seguendo da sud a nord la fioritura dei ciliegi. In Giappone è una cosa seria, con tanto di calcoli percentuali, meteo e feste per la contemplazione. Fra le pagine si scoprono non solo luoghi ma anche, e soprattutto, spaccati di cultura e vita quotidiana. Lo caricano personaggi di tutti i tipi, dalle famiglie perbenissimo al pervertito (io innamorata dura del Signor Nakamura e della sua “terribile moglie”). Dorme in capsula hotel, templi, bettole rancide e alberghi dell’amore, in un mix di castelli, città congestionate, villaggi di pescatori, litri di alcol e traghetti presi all’ultimo.
Se vi interessa il Giappone, leggetelo. Ma c’è un MA. Ferguson è devoto all’ironia e al sarcasmo. Se da una parte ridevo da sola, dall’altra mi toglieva la poesia. È come se di fondo, non gli piacesse nulla per davvero.
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri