In questo periodo scelgo i libri con ancora più attenzione, perché sono la mia vera evasione dalle quattro mura in pandemia (ecco qui alcuni titoli). Con “L’ottava vita” ho sentito da subito le farfalle nello stomaco, e il mio istinto aveva ragione. È una saga familiare al femminile che ho divorato. Racconta la vita di sette donne travolte dagli eventi storici lungo tutto il ‘900. Protagonista insieme a loro è la loro terra, la Georgia pre e post sovietica baciata dal sole e tormentata dai conflitti. Il suo “esotismo caucasico” a cavallo fra Asia ed Europa si percepisce in ogni pagina. Inutile dire che vorrei fosse una delle mie prossime mete.
“L’ottava vita” inizia in una piccola cittadina che avrebbe potuto diventare la Nizza del Caucaso. Qui vive il fabbricante di cioccolato. La sua cioccolata, il cui ingrediente segreto porta gioia e maledizione, sarà il “fil rouge” nella vita delle sue discendenti: figlie, sorelle, madri, nipoti, nonne e bisnonne che attraversano il secolo intero. A ognuna è dedicato un libro, da Stasia nata nel 1900 fino a Brilka nel 1993.
A fare da sfondo c’è Tbilisi, la capitale georgiana. Nel corso dei decenni la vediamo cambiare. Città cosmopolita dalla storia millenaria, con mercati di spezie e vicoli tortuosi, quartieri ebraici e armeni, architettura bolscevica e antiche fortezze, verrà sovietizzata con le “kommunalka” (appartamenti condivisi da più famiglie), vivrà violente proteste e la povertà più dura.
In questo regno di donne c’è però una presenza maschile essenziale per la trama. Vero e proprio dittatore fedele in eterno all’ideologia socialista, Kostja è il simbolo del potere cieco all’interno della famiglia. Decide del futuro delle protagoniste come un burattinaio, perché il suo compito è porre rimedio ai loro danni. Sempre coerente con sé stesso, non renderà mai conto di niente a nessuno.
Ma ha anche lui il suo lato buono: a marchiarlo col fuoco ci ha pensato il primo amore, una donna con gli occhi neri come la pece e le dita piene di anelli (il mio personaggio preferito). Per questa passione che lo ha reso vulnerabile, vivrà un lutto avvelenato e silenzioso per il resto della sua esistenza.
Con incredibile bravura, l’autrice dal cognome impronunciabile (Haratischwili) crea un intricato tappeto di storie (quando leggerete il libro capirete la metafora). Gioie e dolori, legami indissolubili e odi feroci, esilii e ritorni si intrecciano senza posa.
Quello che ho amato de “L’ottava vita” è che nessuna delle protagoniste è idealizzata o perfetta nella lotta per la felicità. Non sono delle eroine. Come nella vita vera sono un incredibile groviglio di emozioni e paure dove niente è nero o bianco. Sbagliano, si rialzano o soccombono, sono forti e fragili allo stesso tempo. Semplicemente vivono e sopravvivono facendo del loro meglio in uno dei secoli più feroci per l’umanità intera.
E in parte ho letto “L’ottava vita” anche per questo: non so voi ma le mie lacune in storia sono spesso imbarazzanti. Se vi stuzzica la storia russa e non solo, è il libro che fa per voi. Non c’è niente di meglio per me che acculturarsi attraverso un romanzo avvincente.
L’autrice ha attraversato un secolo intero spiegandomi eventi che non sapevo, e rispolverando quello che avevo scordato del mio lontano esame di storia contemporanea. Accompagna le vicende con la descrizione del contesto storico e sociale e degli avvenimenti che lo scalfiscono: dalla Primavera di Praga a “Imagine” di John Lennon, dalla morte di Mao alle prime minigonne, il tutto partendo dalla storia della Georgia e dell’ex Unione Sovietica.
Il ‘900 in questa parte di mondo non lascia spazio a una boccata di tranquillità. Molto spesso è la mappa geografica a determinare gran parte del proprio destino, e nascere in URSS non era una passeggiata di salute. Dal dominio zarista alla rivoluzione di ottobre, dalla dittatura stalinista ai due conflitti mondiali fino alle sanguinarie guerre per l’indipendenza, dolore e rassegnazione diventano il pane quotidiano. La sensazione è quella di vite rubate al destino che ognuno dovrebbe poter scegliere. La mancanza di libertà e la repressione anche dei pensieri (molte grazie KGB) creano funamboli sul filo delle avversità. Ma forse proprio per questo la spinta vitale pulsa in ogni pagina.
La voce narrante è Niza, una delle sette protagoniste de “L’ottava vita”. Mettere nero su bianco la storia sua e della sua famiglia l’ha salvata da sé stessa. Ha potuto fare posto a un passato crudele e ingombrante, senza il quale però non sarebbe quella che è. E trovare pace per guardare avanti nonostante tutto.
Haratischwili per me è da ovazione. Sa coinvolgere in ogni singola riga con una scrittura intensa che non cede mai al sentimentalismo. E se parliamo di ben 1.129 pagine, è talento puro. Ma non pensate a queste mille e passa pagine come uno scoglio insormontabile, a un mattonazzo che pesa in borsa. Credetemi, quando le voltate con furia una dopo l’altra per sapere come va a finire, 1.129 pagine sono davvero poche.
“L’ottava vita (per Brilka)” – Nino Haratischwili
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri