“Solo bagaglio a mano” mi è stato regalato da un amico, uno di quelli che se non senti per una settimana ti manca l’aria. Per ragioni molto diverse, stiamo vivendo entrambi un periodo “turbolento” (per usare un eufemismo) che ha fatto diventare un hobby rigirarci come un calzino per trovare il giusto senso delle cose.
In queste 87 pagine si fa pura e semplice filosofia di viaggio attraverso la metafora del bagaglio a mano: Gabriele Romagnoli (che ha visto 73 Paesi, abitato in 4 continenti, 8 città e 27 appartamenti) ci racconta quello che ha pensato mentre era chiuso in una bara in Corea, ma non vi svelo altro…
Quando scegliamo una valigia, ricordiamoci sempre che l’importante non è che sia bella fuori, ma quello che è capace di contenere. L’apparenza non conta.
“Di fronte a una valigia grande si tende a riempirla con ‘quel che ci sta’. Nel bagaglio a mano entra ‘quel che si vuole’” dice l’autore. Ovvero l’essenziale, eliminare il superfluo ci alleggerisce. Come si fa? Depennando dalla lista tutto ciò che nel Paese in cui andiamo non serve, comprese le nostre certezze: essere flessibili è fondamentale.
Per sfruttare al massimo lo spazio in valigia, le cose importanti non mettiamole in freddi sacchetti di plastica, avvolgiamole con cura le une nelle altre, proteggiamole, così come si fa con le persone a cui teniamo.
E ricordiamoci di trovare un posticino anche per una borsa pieghevole, poco ingombrante ma tanto utile nel caso in cui dovessimo portare con noi qualcosa al rientro: dobbiamo avere sempre pronto un piano B di fronte a ogni imprevisto, perché quello che succede in viaggio, come la vita, è imprevedibile.
“Solo bagaglio a mano” di Gabriele Romagnoli
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri