A Palermo, nel quartiere arabo della Kalsa arte, storia e una vivace vita culturale convivono in una magica quiete, almeno finché non cala la notte
Ecco finalmente l’articolo sulla Kalsa, il mio rione preferito a Palermo. Ve lo avevo promesso mentre vi mostravo la città attraverso i ruspantissimi mercati del centro storico. Ma facciamo prima un breve ripassino: a un soffio dal mare e racchiusa a grandi linee nel quadrilatero che si forma fra Via Maqueda, Via Vittorio Emanuele e Via Lincoln, la Kalsa insieme al Capo, l’Albergheria e la Vucciria è uno dei 4 quartieri antichi di Palermo (ecco la mappa).
Sorta durante la dominazione islamica, ai tempi dimora dell’emiro e del suo governo, ha un nome che è tutto un poema: Kalsa deriva da al khalisa, che in arabo significa l’eletta.
Culturalmente molto vivace, con piccoli laboratori artigianali, musei, chiese e localini davvero speciali, mantiene la sua aurea popolare riuscendo ad amalgamare il tutto in un’atmosfera arabo-siciliana. Quello che mi ha incantato di questo quartiere, in cui sono nati Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, è la tranquillità che l’avvolge. Perlomeno durante il giorno, prima che le sue piazze diventino punti nevralgici della movida notturna. Non che Palermo sia caotica, anzi, agli occhi di una milanese come me ha un non so che di calma fantascientifica, ma è brulicante di gente e di energia ovunque. Entrando nella Kalsa ci si lascia alle spalle questo fermento per un’atmosfera ovattata e incredibilmente silenziosa (per essere Palermo).
Per andare alla scoperta del quartiere partirei da Nord, dopo un giretto alla Vucciria. Basta attraversare Via Vittorio Emanuele e prendere Via Paternostro, e tutto cambia. Qui un negoziante mi ha visto con la guida in mano e si è offerto di aiutarmi. Mi ha raccontato vita, morte e miracoli della storia di Palermo, il tutto col sorriso e l’orgoglio per la propria città (di questo aspetto vi avevo già parlato nel mio vademecum per polentone scese a Palermo).
Poco più avanti, al numero 58 c’è uno dei gioielli imperdibili della cucina tipica: l’Antica Focacceria San Francesco. Nata nel 1834, mantiene intatto il suo fascino d’altri tempi. I banconi originali sono in ghisa dei primi del Novecento, i pavimenti in marmo e i tavolini in ferro battuto. Si può mangiare cibo da strada, piatti tradizionali e pasticceria, stile self service o con l’ordinazione al tavolo. Mi sono seduta all’interno un pomeriggio, e ho mangiato talmente tanto da saltare la cena. Vedendomi così indecisa fra tutte le delizie esposte al banco, mi hanno proposto lo schiticchio. È un piatto misto di panelle (frittelline di farina di ceci), cazzilli (crocchette di patate), arancinette (in versione mignon) e crocchè di budino di latte. In più, vuoi non assaggiare un’arancina alla Norma con le melanzane? Il ben di Dio che vedete qui sotto mi è costato “ben” 7 euro. Il paradiso.
Tutto ciò mi ha dato la forza (e il bisogno) di camminare senza sosta per le successive due ore. Da qui sono andata sempre dritta per Via Paternostro passando per Piazza della Rivoluzione e di fronte al Palazzo Aijutamicristo, edifico del Quattrocento che ospita il Museo delle carrozze e il Museo del Lapideo. Alle sue spalle si trova la Basilica SS. Trinità La Magione, che con il suo giardino è una piccola oasi arabo-normanna del XV secolo. Proseguendo verso il mare si trova l’omonima e storica Piazza Magione, che della piazza ha però ben poco. Si tratta di un enorme spazio libero, con prati e piante qua e là, che ricorda il Far West e che soprattutto fa odorare il clima di degrado di un tempo. In questi anni è stata molto rivalutata insieme al resto del quartiere, ma c’è ancora da fare. Detto questo, al calar della notte il suo fascino solitario si perde fra le centinaia di persone che la popolano per fare le ore piccole.
Poco distante c’è in assoluto una delle mie attrazioni preferite in città, la Chiesa Santa Maria dello Spasimo. Non aspettatevi affreschi, stucchi, dipinti. Sono rimaste sole le mura in rovina. Passato un cortile e la sua fontana, si entra in una navata a cielo aperto, perché il soffitto dopo il crollo secoli addietro non è più stato ricostruito. Ed è pura magia. Vi auguro di poterla visitare da sole, come è successo a me. Gli unici rumori a spaccare il silenzio erano l’acqua della fontana e il verso dei gabbiani. Assistere a uno degli eventi culturali allestiti al suo interno deve essere un’esperienza da sogno.
Alle spalle della chiesa, in Via Lincoln, si trovano l’Orto Botanico dell’Università di Palermo, con specie provenienti da tutte le latitudini, e il giardino pubblico di Villa Giulia, per un incanto vegetale in città.
Dopo qualche minuto a piedi vi aspetta Piazza della Kalsa, cuore pulsante del rione. Troverete la Chiesa di Santa Teresa e, concedetemi il passaggio al profano culinario, la Friggitoria Chiluzzo (Michele in palermitano) che a quanto pare offre uno dei migliori street food di Palermo.
Proseguendo su Via Torremuzza girate a sinistra in Via Alloro. Poco dopo alla vostra destra c’è Via IV Aprile: è qui che ho scoperto un altro dei miei posti del cuore in città, la Cioccolateria Lorenzo. Già il cioccolato richiama un senso di appagamento e felicità, ma qui, oltre al cibo delizioso (torta cioccolato e pere, ve la consiglio) c’è un cortiletto in cui si finisce letteralmente fuori dal mondo. Di proprietà di una coppia (Lorenzo è il nome del loro pargoletto) è l’esempio di come la passione venga sempre ripagata, di come un’idea che vale abbia successo anche in periodo di crisi. Il locale infatti è stato aperto qualche anno fa durante la recessione economica. Nonostante molti pareri contrari hanno “osato”, e han fatto bene. Dalle sfiziosità per il palato alla scelta della musica fino ai fiori sui tavolini, tutto rientra nel disegno del posto perfetto.
A due passi si trova Piazza Marina, all’estremità del quartiere e a un soffio dalla Cala, il porticciolo turistico. È qui che si tiene il quarto mercato rionale di Palermo, dopo quello del Capo, di Ballarò e della Vucciria. Non è alimentare come gli altri ma delle pulci, e si tiene solo la domenica mattina (mannaggia io sono partita di sabato). La piazza è una delle più maestose della città, e il suo Giardino Garibaldi è il luogo ideale per riprendersi dalla calura sotto le enormi magnolie. Solo a guardarsi intorno è una goduria, tra le case colorate e il Palazzo Chiaramonte Steri, che pare aver vissuto mille vite. Da dimora nobiliare a carcere dell’Inquisizione (le celle sono un Museo), oggi è la sede del Rettorato dell’Università cittadina.
Da qui riprendete e risalite Via Alloro, dove si trova Palazzo Abatellis, che ospita la Galleria Regionale Siciliana.
In questa zona ci sono deliziosi laboratori artigianali, come Vicolo 4 nel vicolo San Carlo, in cui tre ragazzi vendono le loro creazioni. Sonja si dedica alla ceramica, Alessio al cuoio e Rosa agli acquarelli. Io ho conosciuto proprio Rosa, nota come larotellina. Emblema perfetto della ragazza palermitana, solare e gentilissima, vi accoglierà con un sorriso XL. Nel blu degli acquarelli ci fa scoprire la sua Palermo, tra pesci, mare e visioni notturne. Lei e i suoi colleghi, insieme ad altri artisti, studenti e appassionati, sono riuniti da ALAB – Associazione Liberi Artigiani/Artisti Balarm (circa 40 tra la Kalsa e l’Albergheria, per un totale di 60 inclusa la provincia).
E per concludere in bellezza la vostra passeggiata per il quartiere arabo della Kalsa, sedetevi su una delle panchine del piccolo Giardino dei Giusti, proprio di fronte al Vicolo 4. Realizzato in ricordo delle vittime dell’Olocausto, all’ombra delle sue palme vi permette di gustare al meglio la quiete di questa piccolo paradiso palermitana.
CONSIGLI DI VIAGGIO
Trovate tutte le dritte su come raggiungere Palermo, dove dormire ecc. al termine di questo articolo.
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri
bellissima la Kalsa…. come tutta Palermo d’altronde … abbiamo pubblicato proprio oggi il primo articolo sul nostro week end a Palermo