Il gene del viaggio: è davvero tutto scritto nel DNA?

Home » Rubriche » Pensieri » Il gene del viaggio

Oggi ho letto un articolo che mi ha scatenato mille pensieri. Non lo reposto perché riprende tali e quali notizie pubblicate già un paio di anni fa su altre riviste. Ma almeno ha avuto il pregio di farmi fare delle ricerche e farmi scervellare. Ma andiamo dritte al contenuto.
In base ad alcune ricerche condotte ultimamente, pare esista un “gene del viaggio”, il recettore della dopamina D4 (DRD4 7r) che, se presente in modo elevato, determina il nostro livello di curiosità, la nostra reazione agli stimoli esterni e quindi il desiderio di esplorare, di provare cose nuove. La dopamina infatti gioca un ruolo essenziale nell’equilibrio del nostro umore. Il DRD4 7r non sarebbe molto diffuso, si parla del 20% della popolazione, ed è più comune dove c’è una storia di migrazione alle spalle.

gene del viaggio

Quindi niente, sta tutto in questo recettore della dopamina? La passione che abbiamo per i viaggi si spiega semplicemente in questa equazione psico-chimica, per cui ne basta una presenza minore o maggiore per determinare il nostro entusiasmo nello scoprire il mondo, la voglia di metterci in gioco?
No dai, non voglio pensarla così. Come chi dice che l’amore sia scientificamente spiegabile: tutta una questione di odori e geni, niente di più. Ci si annusa i reciproci feromoni e via. Un po’ come i cani al parco che per fare conoscenza si nasano il culo insomma. È davvero la biologia a dettare le regole dell’attrazione? In effetti, quando è talmente forte da non avere freni parliamo di “chimica”. In quest’ottica però sembra che nulla abbia a che fare con il cuore, con l’anima.

Proprio poco tempo fa ho visto il primo cadavere della mia vita. Ero in una cappella per un funerale, e sono incappata per sbaglio in una sala dove c’era il corpo di una vecchina. Ho trattenuto il respiro perché avevo paura di ridurla in polvere tanto era fragile. Quelle scene da film: la freddezza della barella in metallo, un bigliettino attaccato a un dito del piede. Non so nemmeno se l’ho visto davvero questo bigliettino, ho tolto lo sguardo subito, forse me lo sono immaginato. La pelle gialla però l’ho vista, sembrava un involucro di plastica. Ed è questo che rimane dopo la morte: carne e nulla più.

E così vuoi dirmi che le nostre passioni, i nostri amori sono solo il risultato di un’algebra biologica? Che quello che ci rende uniche e speciali ha a che vedere solo con le semplici regole fisiche? No, io mi tiro fuori. Ogni tanto è bello e sano pensare che non proprio tutto possa essere analizzato chirurgicamente, che ci sia ancora la magia delle emozioni. Quelle che ci fanno battere il cuore quando tocchiamo il suolo di una terra straniera, quando incrociamo lo sguardo del ragazzo che ci piace. Da centinaia e centinaia di anni i filosofi si arrovellano su questa tematica, non troverò certo io una risposta. Ma a mio avviso, la certezza di avere per forza tutto sotto controllo è pura arroganza. Un po’ di umiltà cazzo. Viviamo e basta, ed è già abbastanza. Anzi, è proprio tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.