Ho scelto due parole forti perché per me è il vero dubbio amletico che ci dilania: viaggiare durante la pandemia è da stupide incoscienti? non farlo è da ipocondriache disagiate? Perché la paura è questa: farsi contagiare su un treno, un aereo, per strada, in albergo. La cosa migliore allora sarebbe chiudersi in casa in attesa che il Covid si dilegui. Ma voi la chiamereste vita? Ovviamente è una scelta personalissima, io vi dico la mia, che non è né ipocondriaca né incosciente, ma mi piacerebbe sapere come affrontate voi la situazione, perché siamo tutte sulla stessa barca.
Al momento il dubbio amletico non si pone perché siamo in un arcobaleno di lockdown e restrizioni in cui il viaggio non è contemplato. Come è già successo però, i contagi diminuiranno e torneremo a viaggiare. Quando arriverà il momento da che parte staremo, incoscienza o ipocondria?
Per me la verità sta sempre nel mezzo, in questo caso in una terza parola: consapevolezza. Ma anche una quarta: convivenza. Sì perché il nodo centrale è che col Covid dovremo convivere per molto tempo. Forse il modo migliore è farlo con cognizione di causa, con le giuste precauzioni ma senza rinunciare a viaggiare durante la pandemia.
Ora ve ne parlo razionalmente, ma questa conclusione mi è costata infiniti tormenti. Avete letto il mio articolo sul presso tour a Vico del Gargano? Sono partita da Milano a fine ottobre che c’era già aria di lockdown, e sono tornata due giorni prima del nuovo Dpcm.
Ci credete se vi dico che prima di partire ho cambiato idea mille volte? NO non vado perché è da irresponsabile, SÌ vado perché è più rischioso andare al supermercato dietro casa, NO non vado perché in treno staremo tutti appiccicati, SÌ vado perché non posso rinunciare a un altro viaggio di lavoro (sarebbe stato il secondo del mese, sempre per questioni pandemiche). Una montagna russa emotiva che ha tirato scema me e chi mi stava vicino.
Il mio problema era capire dove finivano le precauzioni e iniziava l’ipocondria. Dovete sapere che quando a maggio con la Fase 2 sono uscita di casa, detestavo la gente e avevo un rapporto simbiotico con l’igienizzante.
Andare o no in Puglia non era solo una scelta di quel momento, ma di come avrei deciso di vivere da lì in poi. E il mio istinto, da sempre il mio faro nella tempesta, era annebbiato da mille domande. Dovevo superare le mie paure? Oppure mi stavo forzando troppo?
Sono partita, ed è stata la decisione migliore che potessi prendere. Con tutte le attenzioni, dalla mascherina al distanziamento, il viaggio me lo sono goduto e vivo ancora di rendita per le emozioni che mi ha dato. Per un po’ ho riassaporato la mia vita vera in cui parto, torno, non sto mai ferma.
Ma soprattutto a convincermi è stato un altro fatto. Poco tempo prima avevo passato una giornata intera a piangere. La mia vita non mi sembrava più mia. Non avevo più potere decisionale, ero in una palude senza libertà di movimento. Niente aveva più senso.
Questo mi ha spaventato. Stare chiusa fra quattro mura potrà anche salvarmi dal Coronavirus, ma mi farebbe cadere nel baratro della depressione. Non posso rinunciare a vivere, perché di questo parliamo.
E sapete una cosa? Ieri ho saputo che nel mio palazzo il custode, probabilmente l’unica persona che incrocio regolarmente, ha il Covid. E con lui saliamo a quota 7. Nemmeno a casa si è in salvo. Questo non significa che dobbiamo temere tutto, anzi, ma che dobbiamo accettare il momento in cui viviamo e trovare un modo, il NOSTRO modo di conviverci.
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri
Parole sante! Mi piace molto il dualismo fra incoscienza ed ipocondria, perché sono i due estremi fra cui mi sono dibattuta (e mi sto ancora dibattendo) da marzo a questa parte. Purtroppo o per fortuna, io pendo verso l’ipocondria, o meglio verso la rinuncia in favore della sicurezza. Il fatto di essere rimasta incinta a maggio mi ha fatto propendere per cancellare tutti i piccoli e grandi viaggi che avevo programmato, non solo Canada e Galapagos ma persino un innocuo (?) weekend in Francia ad ottobre.
Avere un figlio che si sviluppa nella mia pancia mi aiuta a combattere la noia, l’angoscia, e mi dà uno scopo anche in questi mesi di forzata inattività. Se non ci fosse il fagiolino, credo che come te avrei cercato un equilibrio e ripreso a viaggiare il prima possibile, perché nonostante sia serena e convinta delle scelte che sto facendo, spesso mi sento in gabbia e passo giornate su blog di viaggi o su skyscanner.
La parola chiave del tuo post è consapevolezza: ognuno dovrebbe prendere le proprie decisioni rendendosi conto delle conseguenze che queste potrebbero avere, non solo su se stessi ma anche sugli altri.
Io intanto programmo viaggi per il 2021 e per Natale mi regaleró uno zaino da trekking per portarmi dietro il fagiolino! 😉
Ne usciremo prima o poi! Spero che il custode guarisca presto! Un abbraccio
Ehhh cara ci credo che il fagiolino cambi le priorità, come è giusto che sia! Immagino però che in questo percorso di crescita si mantenga la propria natura, e tu infatti sei mamma ma anche viaggiatrice e il regalo di Natale la dice lunga 😉
Secondo me di fronte a questa pandemia si deve semplicemente fare quello che si sente. Bisogna però stare attenti a chiudersi in casa, l’ho vissuto su di me e l’ho visto su altre persone. Questo non vuol dire andare in Australia, ma anche solo fare qualche gitarella per avere rapporti con l’esterno.
Vedrai che tu e il fagiolino farete bellissimi viaggi ❤
PS: il custode per fortuna ha preso il Covid in forma lieve!
Il tuo articolo esprime il dilemma in cui si trovano tanti viaggiatori!
Ho alcuni amici spagnoli che da poco sono stati nei Caraibi dato che le restrizioni per uscire dalla Spagna sono molto meno severe delle nostre… Che invidiaaaa. Una parte di me dice: passa dalla Spagna, fai la furba e vai. Non possono fermarti. Ma poi il mio grillo parlante dice: perché dovresti forzare le norme per poter fare quello che vorresti? Ma poi ti godresti veramente un viaggio nel bel mezzo della pandemia? La Costa Rica sarà sempre la Costa Rica anche se i bar, i musei, le sale da ballo sono chiuse?… Allora mi rassegno e aspetto pazientemente U.U
La penso come te. Mi sono fatta mille paranoie per un viaggio di lavoro in Italia, figurati andare oltre oceano facendo la furbata! NOOOOOOO. Dobbiamo avere pazienza, e quando sarà possibile viaggiare, in modo consapevole e senza mettere a rischio nè noi stesse né gli altri, allora sì usciremo dalla tana, perché non si può vivere di paure 🙂