E la mia avventura ungherese di due settimane in ostello tramite Workaway è terminata. Sono tornata da Budapest cinque giorni fa e solo ora la nostalgia comincia a darmi tregua (se poi aggiungiamo la morte di Dolores O’Riordan…).
Dov’è il Danubio? Basta passeggiatine serali per guardare il Parlamento e il Palazzo Reale illuminati? Mi manca tutto. Quando torno da viaggi così coinvolgenti, la sensazione è sempre una: ma io chemminchia ci faccio qui? Mi butto talmente tanto anima e corpo nel posto in cui sto, che a casa mi sento un pesce fuor d’acqua. Poi pian piano la routine ricomincia, i contorni delle emozioni prima così netti diventano più labili e le trasformano in meravigliosi ricordi. E si va avanti.
Quando abbiamo il privilegio di visitare una città non per un weekend toccata e fuga ma per ben due settimane, come in questo caso, possiamo conoscerla al di fuori dei percorsi turistici. Non visitiamo solo chiese, musei e palazzi, ma tocchiamo con mano la vita quotidiana. E scopriamo quartieri magari senza grandi attrazioni, quelli “popolari” nel senso più genuino del termine, ma dove troviamo i negozietti tipici, la nonnina che va a prendere il nipote fuori da scuola, i mercati rionali in cui siamo le uniche senza il carrello della spesa e che non parlano la lingua. E possiamo passare due ore in un bar a gustarci ogni cucchiaino di cioccolata calda, e osservare l’umanità che ci scorre davanti. Abbiamo il TEMPO, la vera grande ricchezza che nessuno può comprare. A Budapest io ho avuto tutto questo.
I primi giorni, a parte la vista della città lungo il Danubio che spacca il cuore, non mi aveva colpito particolarmente. A livello architettonico non la trovavo un granché, poi ho cominciato a camminare, e camminare, e camminare per le sue vie, e più passavano i giorni, più l’ansia della turista che vuole vedere tutto e subito spariva, e mi godevo ogni cosa con calma e nella sua totalità. Mi sono fatta assorbire dal quell’atmosfera che solo una città con tanta storia e sofferenza alle spalle può avere. E mi ha stregata.
Ho vissuto Budapest appieno ma non mi bastava mai, avrei voluto ogni giorno durasse almeno 48 ore. Mi ha fatto innamorare poco per volta, e sono questi gli amori veri, quelli che durano nel tempo.
E mi chiedo: questo amore sarebbe mai nato se ci avessi passato solo un weekend? Probabilmente no. Mi chiedo quante cose non possiamo goderci appieno per la mancanza di tempo, quante cose non riusciamo a scoprire, quanto potenziale c’è in ogni luogo che visitiamo e che ci rimane nascosto.
Ai proprietari dell’ostello in cui ho lavorato come volontaria seguendo i social network le mie foto sono piaciute, e gli farebbe piacere tornassi questa estate per scoprire la città in tutti i suoi colori. Quindi cara Budapest, mia magica signora dell’Est, anche se come dico sempre il mondo è troppo grande per tornare negli stessi posti, penso proprio il nostro sia solo un arrivederci. Meriti decisamente altro tempo.
Ciao sono Claudia, giornalista milanese non imbruttita, vivo di viaggi in solitaria, scatto foto compulsivamente e divoro libri